DALLE EMOZIONI ALLE SOMATIZZAZIONI

Le emozioni che proviamo sono processi psicocorporei , “onde” potenti che possono travolgerci associate a modificazioni psicologiche e fisiologiche, in relazione a stimoli interni o esterni, naturali o appresi.
Secondo la maggior parte delle teorie moderne, le emozioni sono un processo multicomponenziale, cioè articolato in più componenti e con un decorso temporale che evolve.
In termini evolutivi o darwiniani, la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente.
Le emozioni rivestono anche una funzione relazionale (comunicazione agli altri delle proprie reazioni psicofisiologiche) e una funzione autoregolativa (comprensione delle proprie modificazioni psicofisiologiche).
Si differenziano quindi dai sentimenti e dagli stati d’animo, anche se questi termini vengono spesso usati indifferentemente nel senso comune.
Secondo la teoria diencefalica di Cannon-Bard , lo stimolo emotigeno, interno o esterno, che può essere un evento, una scena, un’espressione del volto o un particolare tono di voce, viene elaborato in prima istanza dai centri sottocorticali dell’encefalo, in particolare l’amigdala che riceve l’informazione direttamente dai nuclei posteriori del talamo (via talamica o sottocorticale) e provoca una prima reazione neuroendocrina con la funzione di mettere in allerta l’organismo, il corpo attira la nostra attenzione con un manifestazione sintomatologica : in questa fase l’emozione determina quindi diverse modificazioni somatiche-somatizzazioni, come ad esempio la variazione delle pulsazioni cardiache, l’aumento o la diminuzione della sudorazione, l’accelerazione del ritmo respiratorio, l’aumento o il rilassamento della tensione muscolare; in altre parole tachicardia,extrasistole, alterazione respiorazione, sudorazione, lacrimazione, una in-fiamma-zione (cutanea , mucose…), dolori muscolo tensiovi (cefalee, fibromialgia…).
Lo stimolo emotigeno “dovrebbe” essere contemporaneamente inviato dal talamo alle cortecce associative, per essere elaborato in maniera più lenta ma più raffinata; a questo punto, secondo la valutazione (appraisal) , viene emessa un tipo di risposta considerata più adeguata alla situazione, (in riferimento anche alle “regole di esibizione” che appartengono al proprio ambiente culturale).
Secondo la Teoria Psicosomatica , questo processo di somatizzazione possa rimanere “bloccato” alla fase scarica corporea – disturbo psicosomatico che precede l’elaborazione cognitiva-mentalizzazione.
La psicoterapia psicosomatica consente, comprendendo il collegamento simbolico-analogico, ossia di Senso-Significato tra disturbo somatico ed emozione sottostante, si riattivare il naturale processo psicoficologico che deve concludersi con il coinvolgimento delle cortecce associative (integrazione mente-corpo).
Le emozioni, quindi, inizialmente sono inconsapevoli; solo in un secondo momento noi “proviamo” l’emozione, il corpo si fa carico di mostrarcela. Normalmente l’individuo che prova una emozione diventa cosciente delle proprie modificazioni somatiche (si rende conto di avere le mani sudate, il battito cardiaco accelerato, etc.) ed applica un nome a queste variazioni psicofisiologiche (“paura”, “gioia”, “disgusto”, rabbia-ecc.).
Si possono avere delle reazioni emotive, delle quali però si è completamente inconsapevoli, anche in assenza di modificazioni psicofisiologiche, come è stato proposto dal neuropsicologo Antonio Damasio, il quale distingue due tipi: emozioni primarie (innate, preorganizzate) e emozioni secondarie (elaborate dall’esperienza), attraverso i circuiti del “come se”.
Si può inoltre avere una reazione psicofisiologica ma non essere in grado di connotarla con una etichetta cognitiva, come nel caso dell’alessitimia, quindi il processo e psicosomatico e bidirezionale psiche -corpo.
(Bibliografia: Damasio A., L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Adelphi, Milano, 1995).
L’ALESSITIMIA

Alla base dei processi di somatizzazione vi è l’analfabetismo emotivo o alessitimia (anche alexitimia, dal greco a- «mancanza», lexis «parola» e thymos «emozione» dunque: «mancanza di parole per [esprimere] emozioni») è un costrutto psicologico che descrive una condizione di ridotta consapevolezza emotiva, che comporta l’incapacità sia di riconoscere sia di descrivere verbalmente i propri stati emotivi e quelli altrui. Tale condizione è stata individuata e descritta per la prima volta negli anni ’50 in pazienti affetti da patologie classicamente definite come psicosomatiche (ulcera gastroduodenale, eczema, asma, ecc…) rafforzando così l’idea, già presente nella tradizione psicoanalitica, che tali pazienti fossero portati ad esprimere la sofferenza emotiva (altrimenti inesprimibile) tramite la sofferenza fisica. Viene attualmente considerato anche come un possibile deficit della funzione riflessiva del Sé. Secondo alcuni autori l’alessitimia non dovrebbe essere considerata necessariamente una condizione patologica quanto piuttosto un tratto di personalità che predisporrebbe alla somatizzazione, secondo processi specifici che utilizzano un linguaggio simbolico analogico con il quale psiche e soma comunicano. L’alessitimia si manifesta nella difficoltà di identificare e descrivere i propri sentimenti, e nel distinguere gli stati emotivi dalle percezioni fisiologiche. I soggetti alessitimici hanno grandi difficoltà a individuare quali siano i motivi che li spingono a provare o esprimere le proprie emozioni, e al contempo non sono in grado di interpretare le emozioni altrui. La loro capacità immaginativa e onirica è ridotta, ecco perche’ la psicoterapia psicosomatica prevede l’utilizzo della Terapie Immaginativa ; mancano di capacità d’introspezione, e tendono ad assumere comportamenti conformanti alla media omologandosi alla richieste del mondo esterno , “snaturando” quasi completamente il mondo interno, per stare bene bisogna differenziarsi , diventare se’ secondo la propria natura. I soggetti alessitimici tendono anche a stabilire relazioni di forte dipendenza o, in mancanza di esse, preferiscono l’isolamento. L’alessitimia è stata associata a uno stile di attaccamento insicuro-evitante, caratterizzato da un bisogno talvolta ossessivo di attenzioni e cure. Altro processo psichico frequente nei soggetti con tratti di personalità alessitimici è l’incapacità di mentalizzare e simbolizzare l’emozione. L’emozione viene vissuta per via somatica direttamente sul corpo e senza elaborazione mentale, e non interpretata cognitivamente, né concettualizzata per immagini mentali o parole che la sintetizzino e contengano. L’emozione è, per il soggetto alessitimico, la mera percezione fisica, disregolata e presimbolica, dei correlati psicofisiologici dell’attivazione emotiva.
A cura di Dr.ssa Fulvianna Furini Riproduzione vietata
